Ernesto Cattel

Costadilà

La grande fioritura ai giorni nostri dei rifermentati in bottiglia (col fondo, sur lie o come li si voglia chiamare) ha in Italia un suo indiscutibile precursore. Siamo nell'area del Prosecco, nella Marca trevigiana. Verso la fine degli anni '90 questa terra vive una profonda trasformazione verso una viticoltura industriale. Le vigne "scendono" dalle pendici collinari verso la pianura, favorite da meccanizzazione, approccio intensivo ed irrigazione sostituendo le aree dedite storicamente alla coltivazioni di mais o all'allevamento. Il vino per eccellenza di quest'area, il Prosecco, perde identità e artigianalità tramutandosi in un bene seriale prodotto in milioni di bottiglie in maniera economica, in autoclave ed in tempi brevi. E' l'era della spettacolarizzazione del Prosecco, piacione, pulito e cristallino. Ernesto Cattel, animo attento, sensibile e profondamente legato alla tradizione della sua regione, assiste a questo inarrestabile boom osservandone tutte le più drammatiche ricadute negative: terre di collina abbandonate ed un prodotto "contadino" come il Prosecco completamente svuotato della sua identità rurale. Nei primi anni 2000 sente di voler riaffermare l'idea di un modello di sviluppo agricolo in contrapposizione a quello agro-industriale pensando ad un'azienda dove vigna, alberi da frutta, animali e colture possano vivere in simbiosi, secondo i principi della natura (policoltura in contrapposizione alla monocoltura agroindustriale). Questo disegno di ampia portata non riuscirà a realizzarlo per la divisione dei soci originari, ma riuscirà a realizzarlo nel vino con Costadilà e con uno dei soci rimasti, l'amico e oste Mauro Lorenzon, divenutone nel tempo l'ideale megafono ed ambasciatore nella sua enoteca La Mascareta a Venezia.  Ernesto inizia a recuperare appezzamenti collinari abbandonati nel comune di Tarzo, vecchie vigne che si estendono con altitudini, suoli ed esposizioni differenti. Pensa ad un ritorno alla vinificazione con le uve storiche secondo la tradizione dei contadini (Glera, Verdiso e Bianchetta Trevigiana, queste ultime due sacrificate sull'altare delle mega rese della Glera) in contrapposizione al modello sbilanciato dell'industria del Prosecco. Nasce con la vendemmia del 2009 il primo Col Fondo di Costadilà. Fermentato con i propri lieviti, viene imbottigliato con mosto da uva appassita per la seconda fermentazione in bottiglia. Senza aggiunta di solforosa e senza filtrazione. La bottiglia si presenta torbida e spiazzante. A questa pratica negli anni affianca la macerazione delle basi sulle bucce, modalità per connotare ancor  più il vino con l'identità della vigna, del suo suolo e della stagione, sintetizzate appunto nella buccia. Sosta di almeno 5 -6 mesi in bottiglia prima di iniziarne la commercializzazione. I vini di Costadilà fanno breccia e ottengono successo in tutto il mondo. La sua piccola produzione (30mila bottigli ) diviene veicolo autentico di un retaggio contadino, di un gusto schietto e di grande espressività. Il vero Prosecco è salvo. Putroppo Ernesto è venuto a mancare nel 2019. Ma il suo disegno e la spledida realtà di Costadilà non sono destinati a svanire. Oggi la cantina ha sede a San Lorenzo di Vittorio Veneto ed è portata avanti con lo stesso entusiasmo da Martina Celi e Alex Della Vecchia, figure da tempo vicine ad Ernesto e alla sua sensibilità.

Costadilà è socio di VinNatur.

 

 

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