Foradori Granato

Foradori

Elisabetta Foradori: la regina del Teroldego. Da anni questo è il tributo che tutto il mondo le riserva. Una donna che ha saputo portare fuori dai confini regionali e nazionali l'uva più identitaria del Trentino attraverso un vino iconico: il Granato. Ma la sua è una storia di chi ha saputo mettere tutto in discussione, guardare sempre al futuro, sapendo osare, intuire e programmare. Benvenuti nel mondo Foradori. Siamo a Mezzolombardo nella Piana Rotaliana, pianura di origine alluvionale chiusa tra il corso del fiume Adige ed il torrente Noce. Trento è alle nostre spalle verso sud mentre l'Alto Adige è prossimo a pochi chilometri. La famiglia di Elisabetta, come molti storicamente in queste zone, ha sempre avuto vigneti, meleti, terre a coltura ed animali per un fabbisogno personale sin dall'inizio del '900. Dopo essere stati conferitori per più di mezzo secolo, è con il padre Roberto nel 1960 che avviene la prima importante svolta, iniziando ad imbottigliare con una diffusione delle proprie bottiglie a livello locale. Il Teroldego in questi anni è figlio di meccanizzazione e cloni varietali che garantiscono alte rese. E quello dei Foradori è un vino da tavola molto ben fatto, diffuso principalmente nei bar e trattorie della regione. Nel 1976 la scomparsa prematura del padre porta la madre Gabriella a prendere temporaneamente le redini dell'azienda. Ma sarà Elisabetta, unica figlia, predestinata a traghettare la cantina in una nuova epoca. Entra così in azienda giovanissima a 20 anni dopo essersi laureata in enologia e agronomia a San Michele all'Adige. Siamo negli anni '80, un passaggio storico che ha veicolato con orgoglio concetti di quantità ed esasperazione tecnologica in un mondo eno-industriale. Elisabetta decide di estirpare gran parte dei cloni "industriali" delle proprie vigne e li sostituisce con selezioni massali da vecchie vigne. Pensa ad un vino in purezza capace di esprimere tutta la forza di un varietale (spesso utilizzato nei tagli per il suo colore profondo e la sua struttura) e di un territorio. Il risultato della sua caparbietà e della sua visione confluisce nel Granato. Un vino che ridisegna i contorni del Teroldego riassegnandogli una vecchia dignità persa nel tempo sotto il peso delle produzioni di massa a prezzi popolari e porta negli anni '90 il Teroldego ed il Trentino sul tetto del mondo superando una dimensione di cantina fortemente localizzata. Sono gli anni del felice sodalizio con l'ex marito Rainer Zierock, un filosofo prestato all'agricoltura, antesignano di una biodinamica applicata al mondo dell'enologia e precursore dei vini naturali. La sua influenza impregna Elisabetta di una nuova sensibilità offrendole la possibilità di cambiare nuovamente tutto e di superare ciò che alla fine degli anni '90 sembra metterla in crisi: l'assenza di magia, di anima nei propri vini. Dagli inizi del 2000 emancipa il pensiero verso un vino non più pensato per il mercato ma che sappia scandire il sapore della sua terra, un vino sano e vitale. Inizia ad interessarsi alla biodinamica e si certifica nel 2009. Abbandona il tradizionale sistema di allevamento trentino delle viti (pergola) per impiantare guyot, si concentra su singoli appezzamenti, modifica le pratiche di vinificazione, inserisce  anfore in argilla in cantina e lunghe macerazioni sulle bucce. E' una nuova rivoluzione. Oggi lavora 28 ettari di vigne impiantati a Teroldego (che rimane il vitigno principe a cui ha dedicato più di 30 anni della propria vita), Manzoni Bianco, Nosiola e pochissimo Pinot Grigio. Negli ultimi anni le si sono affiancati i figli nella conduzione dell'azienda che sta oggi tornando alla sua configurazione iniziale quando il nonno Vittorio la acquistò nel 1939: una realtà a ciclo chiuso vino-colture-animali, dove realizzare quell'equilibrio e sintonia alla base di una natura vitale e fertile.

Foradori è membro di Les Renaissance des Appellation.

 

Vuoi rimanere informato su vini e cantine in offerta? Iscriviti a Decanto!