“un grande vino può nascere solo dal respiro della terra, dall’essenza del frutto e dai sentimenti del produttore”
Giorgio Mercandelli. Vignaiolo, artista, filosofo?
Coltiva vigne di oltre 100 anni a Canneto Pavese. In quasi quarant’anni di vita enologica ha sperimentato e approfondito ogni approccio moderno, dal proto biologico (negli anni 80’ con l’azienda del padre, Cabanon) alla biodinamica, al naturale, per giungere al vino biotico e universale, figlio dei principi della meccanica quantistica e destinato a stravolgere ogni canone della tradizione vitivinicola. Circa 10 ettari di vigna in stato di estrema naturalezza, le piante sono completamente lasciate a se stesse regolate dall’equilibrio delle energie che lì si esprimono. Nessun intervento, nessun trattamento né sul suolo né sulla pianta. Niente zolfo e soprattutto niente rame. Perché è il vignaiolo il vero artefice del lavoro di sintesi della pianta e nulla deve influenzare la luminosa purezza delle uve. La filosofia biotica di Mercandelli esalta la potenzialità delle piante, che necessitano solo del lavoro dell’uomo che con i suoi pensieri, gesti e sentimenti cerca di porsi in fase alle ordinate frequenze del vigneto ed instaurare un dominio di coerenza come quello che caratterizza le cellule del proprio corpo. Solo terra, uomo e cielo. Niente altro. E nelle annate avverse, nessuna produzione. In vigna si prende cura delle piante solo a mano ed entrandoci spesso a piedi nudi. Nessun trattore, nessuna macchina. Solo uva incontaminata perché il grappolo è l’essenza delle forze del cielo e della terra e della sensibilità del produttore ed il vino che otterrà è destinato a ricongiungere chi lo beve con il senso della vita nella natura, raggiungendo l’armonia. I suoi vini sono vini spirituali, non inseguono solo un gusto eccellente ma soprattutto l’emozione interiore, quella vibrazione che ci pone in risonanza con le forze primordiali della Terra e che colpisce la nostra interiorità proprio perché ha le stesse origini. Giorgio Mercandelli cerca la luce nella materia, nell’uva, una luce intesa come frequenza vitale, armonia ed energia da far risplendere nel vino attraverso la trasformazione alchemica del frutto. Il grappolo diviene memoria della pianta e del suo vissuto, immagine ed impronta di un terroir fatto di acqua, terra, colori, suoni e luce (capace di fotografare attraverso l’insolazione l’ultima frequenza del sole); la fermentazione è l’attimo in cui questa memoria viene trasferita dalla materialità del frutto ad una porzione più longeva e liquida (le macerazioni possono durare anche oltre 120 giorni in contenitori di resina speciale Atlac e mirano a raccogliere le frequenze del sole memorizzate dal grappolo) per riflettere il gusto delle forze che hanno prodotto e trasformato il frutto. La fermentazione come processo che consente a ciò che muore di tornare in vita attraverso un’altra essenza. Il paradigma di Mercandelli sposta il pensiero dal corpo di un frutto, che nella tradizione è il vino, a tutti i significati che in quel frutto sono stati messi e ne costituiscono la memoria. La vinificazione è un lungo processo alchemico in cui tutto ciò che è soggetto alla gravità, alla precipitazione e alla decadenza della materia viene separato dagli elementi più nobili. Il vino trasporta in sé la stessa filosofia della vita umana: abbandonare il corpo per prenderne la memoria. Non è solamente una trasformazione di zucchero in alcol ma un vero processo di distruzione di ogni componente materiale del vitigno, dalle proteine ai tannini, per decomporlo in pura luce e fare rinascere la sua essenza attraverso l’azione dei lieviti indigeni, che contengono anche le chiavi del terroir. Il vino raggiunge così una fase in cui non ha più sapore né odore: è imbottigliato come fosse un bicchiere di acqua fresca. Il vitigno non conta più, viene superato perché il vino biotico riflette il gusto delle forze che hanno prodotto e trasformato il frutto, non riflette il varietale. Dopo circa un paio di anni di bottiglia, ritrova nuovo dinamismo e comincia a rigenerare ed evolvere la memoria cristallizzata nell’acqua riconquistando una colorazione più o meno forte (ipercromia e batocromia) e ricomponendo il valore del terroir. L’evoluzione è molto lenta e segue cicli di 5-7 anni durante i quali viene assaggiato ripetutamente prima di deciderne il momento della commercializzazione.
I vini di Giorgio Mercandelli sono naturalmente e artisticamente unici ed irripetibili: sono manifestazione di un’arte liquida che trascende il senso della varietà, del territorio e delle mode. Sono vini di “frequenze” e universali, capaci di accordarsi nel gusto con qualsiasi alimento, lasciandolo intatto nella sua sfericità senza alterarlo e senza corrompersi. Svincolano il termine di piacevolezza da una accezione superficiale e commerciale per coinvolgerci in un'esperienza personale e dell’anima (sinestesia) che ci fa approdare al gusto primordiale. Sono vini da sperimentare superando l'analisi dei nostri sensi ma ascoltando quel sussulto che risuona in noi e che ci colpisce e ci attrae inspiegabilmente: questa è l’armonia della natura che si riflette in noi. Così le etichette sono espressione minimale del glifo solare (il simbolo più antico e semplice del sole presente in tutte le culture che rappresenta l’emanazione della vita sotto forma di luce con un cerchio, simbolo dell’infinito e della perfezione, ed un punto come fonte da cui la luce propaga, origine di ogni cosa che si manifesta nella perfezione della vita) su fondo dai colori accesi. Riflettono la nostra sensibilità nel dare un carattere vibrazionale a ciò in cui si trasforma il vino: suoni, immagini, colori. Come quando guardiamo o leggiamo qualcosa e a seconda della nostra sensibilità restiamo catturati da una frase o un simbolo. Che ognuno scelga liberamente, si emozioni come vuole per il colore ed il suono che ospiterà nella propria memoria. Questo è il rapporto con il mondo se riusciamo a vedere. Se non vediamo, la scritta in braille supera tutti i livelli di visione. Nessun nome al vino se non cinque vocali, che sono origine del linguaggio e della vita (pensiamo a quando veniamo al mondo..), una per ciascuno dei cinque cru.
Semplici vini? Vini universali?
Forse destinati a sconvolgerci, a spiazzarci, ma certamente fenomeni artistici da non ricondurre alla realtà del mondo cui vengono paragonati.
Provate ad aprirne una bottiglia e custodirla per mesi. Riassaggiatela. La scoprirete intatta, senza nessuna alterazione, senza cedimenti. Eterna.
Semplici vini?
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