Nonostante il movimento dei vini al naturale sia ancora fronteggiato da molti detrattori, è indubbio che una delle tante ricadute positive degli ultimi anni sia la nascita e diffusione di micro-cantine a qualsiasi latitudine. L'aspetto più confortante di questo dato è l'aver spostato, ma accade solo per questo mondo, il baricentro dell'attenzione dalle grandi regioni che tradizionalmente vincono nel mercato del vino omologato (Toscana, Piemonte, Veneto, Friuli, Sicilia etc) in aree tanto periferiche quanto bisognose di una coscienza ed un progetto che permettano di salvaguardare antiche varietà e vecchi vigneti destinati all'abbandono, riprendendole per mano attraverso una visione al naturale. Questo è indubbiamente una delle vittorie più importanti. Queste piccolissime realtà naturali-artigianali, sono spesso frutto di un incontro tra amici, forti di una percezione condivisa del valore della terra. Non vi sono enologi e grandi tecnici che supervisionano, ma contadini del luogo con il loro sapere, amici e parenti per le fasi di lavorazione (vendemmie e lavori in campo), pochissimi o zero capitali ed attrezzature, solo enorme entusiasmo e gioia per la consapevolezza di fare qualcosa di grande e giusto. Il vino viene così sdoganato, reso democratico, accessibile a tutti, nel crearlo e nel goderlo.
"Così è nato SETE, un progetto di recupero di vigneti locali, che ha l'obiettivo di realizzare vini di territorio, ma anche e soprattutto di placare la nostra #Sete (di cambiamento)"
Sete è un progetto del 2013 di due giovani ragazzi, Arcangelo Galuppi ed Emiliano Giorgi, a Priverno in provincia di Latina a sud di Roma tra i Monti Lepini prima del Parco del Circeo, una terra che ha ormai quasi perso la sua storica identità vinicola così lontana dalle grandi direttrici del vino. Nasce attorno ad una birra in un pub, tra pensieri e riflessioni sull'agricoltura sostenibile, la consapevolezza di un ritorno più sano alla terra perchè tutto da lì origina. Dai sogni al tentativo di provarci il passo è breve. Il primo anno comprano uva dai contadini della zona iniziando a tessere una rete di rapporti con la memoria ed il sapere storico del territorio; è il trasferimento di un ideale testimone dalle vecchie generazioni alle nuove, spinte dal propellente di un approccio al naturale. Col tempo recuperano ed iniziano a gestire vecchi appezzamenti destinati all'abbandono e stringono accordi con locali contadini per conferire loro le uve, finendo per creare un mosaico di particelle e varietali (Ottonese, Cesanese, Moscato Bianco, Bonamico, Malvasia Puntinata) dislocati in poco più di 1 ettaro. La conduzione in vigna è rigorosa perchè l'intervento è ridotto al minimo, un'etica che si riflette in cantina con vini fermentati con i propri lieviti senza addizione di solforosa.
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