certificato
biodinamico
altri
naturali
produzione
garagista
Soki Soki, come il suono di chi calpesta una terra ricca di pomice. E' lo Zibibbo di Francesco, un vino identitario di una cultura, di una gente, di un luogo. Un'uva che Francesco racconta attraverso il passito e questo bianco, volendo riportare nel calice ogni minima sfumatura dovuta alle diverse altitudini dei terrazzamenti (si va dai 50m slm ai 100 m slm ai 300 m slm), ai diversi tempi di raccolta e maturazione e alle differenti impronte date dalle annate. Raccolto da vigne di 80 anni, macerato sulle bucce per 7 giorni in acciaio, affina in botti esauste. Un sorso che spazia dalle dolci note al naso (varietale) alla spiccata salinità in bocca (suolo vulcanico).
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Pantelleria.
Un nome che evoca una terra lontana, dispersa nel mezzo del Mediterraneo, approdo per Romani, Arabi e Bizantini. Una mescola di nomi spagnoli, di edifici che rimandano all'architettura araba, di tratti somatici retaggio dei Normanni. Per i più, è il luogo dove il mare assume tutte le tonalità dello smeraldo e i tramonti di un sole esplosivo regalano cartoline indelebili per la memoria. Ma Pantelleria non è ciò che viviamo d'estate. E' un isola dura, lontana, spazzata dallo Scirocco. Francesco Ferreri non è figlio di viticoltori. Suo padre faceva il marinaio, come molti uomini panteschi, pur amando la campagna. Giovanissimo, si trasferisce a studiare a Conegliano, poi a San Michele all'Adige, si laurea in enologia ad Udine, si sposta a Budapest e poi in Nuova Zelanda. Qui incontra Nicoletta, sua attuale compagna di vita e anima di Tanca Nica, e insieme decidono di tornare a Pantelleria e recuperare la memoria enologica dell'isola. Ritrovano una terra dalle vigne spesso abbandonate, irraggiungibili, a volte centenarie ma anche dai terrazzamenti sfruttati e stanchi dopo decenni di conferimento alle grandi cantine. Con l'aiuto delle conoscenze di campagna del padre e dei contadini del posto, recuperano 14 differenti appezzamenti sparsi sull'isola per un totale di poco più di 2 ettari (!!): vigne sul mare o a 450 m slm, su suoli sabbiosi o suoli basaltici. Un mosaico di terreni, di esposizioni, di temperature, di cicli vegetativi e maturazioni differenti. Ecco perchè fare vino a Pantelleria ha il sapore di un paradigma differente che altrove. Qui significa lavorare la terra per oltre 11 mesi all'anno, accettando di quest' isola tutti i contrasti, la bellezza, i limiti e la solitudine che impone, ma anche gioire della ricchezza dei frutti di una terra dalla fertilità unica (vulcanica). Significa "immergersi " in questa dimensione, portandosi a casa sui vestiti l'intensità dei profumi selvatici ed erbacei del Catarratto o le note dolci di miele dello Zibibbo o la macchia mediterranea del Nivuro Nostrale ("il Nero Nostro" ovvero Pignatello). Significa per Francesco e Nicoletta raccontare un crocevia di culture, di storia e di gente attraverso un viaggio ideale in una memoria liquida dell'isola, esaltandone le uve della tradizione in funzione di ogni singolo appezzamento, chiamando i vini con nomi che riecheggiano il suono gutturale delle radici arabe del dialetto pantesco. E questo è forse il vero messaggio di Tanca Nica: essere custodi e testimoni di una storia perchè sopravviva a se stessa, facendo "solo" una scelta di cuore, per continuare a vivere avvolti nei suoni del proprio dialetto, nelle fragranze dei frutti di questa terra e nei colori del mare, accettando il prezzo (non indifferente per due giovani) di essere lontani da tutto e da tutti, e offrire tutto questo a noi...
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