certificato
biodinamico
altri
naturali
produzione
garagista
Lo Zibibbo rifermentato in bottiglia con i propri lieviti è Ghirbì. Interpretazione ancor più solare per questa uva, che nella versione frizzante sprizza gioia, freschezza ( solo 11 % Vol.) e bevibilità per un sorso marino e agrumato. Purtroppo sempre pochissime bottiglie per questo capolavoro.
L.01/2024
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Pantelleria.
Un nome che evoca una terra lontana, dispersa nel mezzo del Mediterraneo, approdo per Romani, Arabi e Bizantini. Una mescola di nomi spagnoli, di edifici che rimandano all'architettura araba, di tratti somatici retaggio dei Normanni. Per i più, è il luogo dove il mare assume tutte le tonalità dello smeraldo e i tramonti di un sole esplosivo regalano cartoline indelebili per la memoria. Ma Pantelleria non è ciò che viviamo d'estate. E' un isola dura, lontana, spazzata dallo Scirocco. Francesco Ferreri non è figlio di viticoltori. Suo padre faceva il marinaio, come molti uomini panteschi, pur amando la campagna. Giovanissimo, si trasferisce a studiare a Conegliano, poi a San Michele all'Adige, si laurea in enologia ad Udine, si sposta a Budapest e poi in Nuova Zelanda. Qui incontra Nicoletta, sua attuale compagna di vita e anima di Tanca Nica, e insieme decidono di tornare a Pantelleria e recuperare la memoria enologica dell'isola. Ritrovano una terra dalle vigne spesso abbandonate, irraggiungibili, a volte centenarie ma anche dai terrazzamenti sfruttati e stanchi dopo decenni di conferimento alle grandi cantine. Con l'aiuto delle conoscenze di campagna del padre e dei contadini del posto, recuperano 14 differenti appezzamenti sparsi sull'isola per un totale di poco più di 2 ettari (!!): vigne sul mare o a 450 m slm, su suoli sabbiosi o suoli basaltici. Un mosaico di terreni, di esposizioni, di temperature, di cicli vegetativi e maturazioni differenti. Ecco perchè fare vino a Pantelleria ha il sapore di un paradigma differente che altrove. Qui significa lavorare la terra per oltre 11 mesi all'anno, accettando di quest' isola tutti i contrasti, la bellezza, i limiti e la solitudine che impone, ma anche gioire della ricchezza dei frutti di una terra dalla fertilità unica (vulcanica). Significa "immergersi " in questa dimensione, portandosi a casa sui vestiti l'intensità dei profumi selvatici ed erbacei del Catarratto o le note dolci di miele dello Zibibbo o la macchia mediterranea del Nivuro Nostrale ("il Nero Nostro" ovvero Pignatello). Significa per Francesco e Nicoletta raccontare un crocevia di culture, di storia e di gente attraverso un viaggio ideale in una memoria liquida dell'isola, esaltandone le uve della tradizione in funzione di ogni singolo appezzamento, chiamando i vini con nomi che riecheggiano il suono gutturale delle radici arabe del dialetto pantesco. E questo è forse il vero messaggio di Tanca Nica: essere custodi e testimoni di una storia perchè sopravviva a se stessa, facendo "solo" una scelta di cuore, per continuare a vivere avvolti nei suoni del proprio dialetto, nelle fragranze dei frutti di questa terra e nei colori del mare, accettando il prezzo (non indifferente per due giovani) di essere lontani da tutto e da tutti, e offrire tutto questo a noi...
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