Claudio Campaner

Distina

Claudio Campaner di Distina è forse il più giovane dei vignaioli a completare la compagine piacentina (CrociMontesissaCasè, Cordani) che da anni lavora per recuperare tradizioni e sapori dei vini del passato con fermentazione naturale sui lieviti in bottiglia. A soli 27 anni abbandona Milano e la vita cittadina per mettere radici a Bacedasco Alto, frazione di Castell’Arquato (PC). Forte di un'esperienza con il celebre maestro distillatore Capovilla, Claudio ha in testa la distillazione e di conseguenza la coltivazione e vinificazione dell'uva per dare corpo ad un progetto di azienda a ciclo chiuso. E' il 2017. Qualche anno prima ha acquistato 1 ettaro di vigna impiantata nel 1980, a 250m slm, su suoli argillosi e con esposizione a sud-est. In questo fazzoletto di terra i varietali sono rigorosamente quelli della tradizione locale: Bonarda, Barbera, Moscato Bianco, Marsanne e Malvasia di Candia Aromatica. Alla prima vigna oggi ha affiancato un secondo appezzamento in affitto per una superficie vitata totale attuale di soli 3 ettari da cui ottiene 7500 bt. Unica strada per avere uve di grande vitalità ed identità è la conduzione assecondando i principi della natura. A Distina, in campo le lavorazioni sono solo manuali. Nessun prodotto di sintesi è utilizzato e la biodiversità è stimolata con il totale inerbimento tra i filari. Raccolta a mano in cassette, vinificazioni con fermentazioni spontanee e macerazioni sulle bucce più o meno lunghe (le vinacce della macerazione vengono poi recuperate dopo la svinatura per la distillazione e successivamente destinate a fertilizzare la terra delle vigne), ricorso a contenitori neutri in cemento e vetroresina in modo da non aggiungere nessuna caratteristica esogena che non appartenga originariamente alle uve. Insomma, nessuna ingerenza nel processo naturale di trasformazione dei mosti. Così come nessuna filtrazione, nessuna stabilizzazione e nessuna chiarifica. Due soli vini al momento, un bianco ed un rosso, ovviamente frizzanti e realizzati come la tradizione voleva secondo il metodo ancestrale. Sono masse con lieviti e residui di zucchero che rallentano la propria attività fermentativa di inverno per essere imbottigliate in primavera con i primi caldi e finire di trasformare gli zuccheri generando l'effervescenza che li rende frizzanti senza nessuna aggiunta di mosto per "stimolare" la presa di spuma. 

 

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